domenica 15 dicembre 2013

Si Scrive

Forse si scrive, prima di tutto, per necessità.
Per non dimenticare chi si è, per non scordarsi di sé stessi.
Per ritrovare, dopo una giornata passata a indossare maschere, la propria essenza ancora dentro di sé.
Si scrive con l'acqua alla gola, in cerca del sollievo che segue il ritrovo del proprio spirito, nel constatare che è ancora lì.
Si scrive per conservare quel piccolissimo spazio della nostra intimità; per alimentare e non far spegnere la fiamma della nostra dignità.
Si scrive per elevare sé stessi dalla superficie, si scrive per purificarsi, si scrive per redimersi, per riscoprirsi sani e salvi.
Si scrive, soli e in silenzio, per dire qualcosa di importante col rispetto, la solennità e il pudore dell'unico luogo dove è possibile farlo: quel foglio bianco, quell'inchiostro.
Si scrive perché si è consapevoli della propria posizione, della propria situazione: si scrive per non dimenticarla.
Si scrive perché la carta è l'unica compagna a cui ci apriamo davvero; si scrive perché con lei scompare l'imbarazzo che sempre riscontriamo tra i nostri simili.
Si scrive perché equivale ad entrare in un tempio: per raccoglimento interiore.
Si scrive per combattere la stupidità con cui facciamo i conti tutti i giorni, la mediocrità quotidiana che vuole legare le nostre ali, la morta ironia e la vuota simpatia dell'esercito di replicanti sedicenti brillanti.
Si scrive per accendere un fuoco nel deserto notturno.
Si scrive per restare vivi.
Si scrive per restare liberi.